Napoli, 9 novembre 2012 – Ai veleni delle industrie, dalle nostre parti si aggiungano quelli dei rifiuti. In Campania si muore anche così, per la monnezza. Non quella che per anni se n’è stata in vista e accumulata su marciapiedi e strade. Ma la spazzatura depositata nel sottosuolo. Terreni fertili di ortaggi e frutta finiti sulle nostre tavole. Roba concimata cresciuta a veleni di spazzatura di quella definita speciale, perché velenosa. Ecco la probabile concausa di un alto tasso di tumori in Campania, secondo uno studio illustrato da un gruppo di scienziati che hanno seguito il progetto denominato “Sentieri”, finanziato dal ministero della Salute. Un dossier che tiene conto di 44 dei 57 siti di interesse nazionale da bonificare. Lo stesso rapporto che ha portato all’inchiesta della magistratura sull’ilva di Taranto e alla chiusura di alcuni impianti. In particolare, in Campania gli accertamenti sono stati effettuati su due dei cinque siti presenti sul territorio. Esclusa un’area di potenziale alta incidenza tumorale come quella di bagnoli. Negli 88 comuni interessati, si registra un eccesso rispetto al parametro medio di mortalità per casi di tumori. Un dato che fa il paio con il dossier elaborato nei mesi scorsi dall’Associazione italiana di oncologia medica e dall’Associazione italiana registri tumori e traccia una fotografia tragica della salute in Campania: oltre 30mila nuovi casi di tumore in un solo anno. Dal rapporto emerge che nel 2012 si sono ammalate circa 500 persone in più rispetto al 2011. Le patologie maggiormente diffuse riguardano fegato, polmoni, colon-retto, mammella e prostata.
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